In quegli anni, il mese di novembre era dedicato alle paure. Nelle veglie, discorsi, racconti e novelle vertevano obbligatoriamente sull’argomento. A noi ragazzetti ci garbavano moltissimo le novelle, e anche se mezzi morti di paura si stavano “a sentì’” a bocca aperta, fermi, cheti e ghiacci come statue.
Questa che segue impauriva più di tutte, impauriva anche “i grandi”.
Il posto in questione è un paesetto di povera gente, dove l’unico scopo della vita è quello “di campà”. Nemmeno i giovani si possono permettere di guardare avanti, tanto il futuro sarà come il presente e il passato. Ma qualcuno ambizioso c’è; qualcuno che si arrovella su come fare per uscire da quella trappola fatta di miseria. Trattasi di un giovane garzone, che proprio per le mansioni che svolge, è a contatto con la signoria, a cui fa le commissioni. E ogni volta che ritorna nel proprio povero mondo, si rode di non poter vivere meglio.
Un giorno vede passare il funerale di una vecchia signora che abitava in una villa appena fuori dal paese. Una vecchia signora molto ricca. Il giovane l’aveva sempre sentito dire che quella gente eran “gente ricche”. Così un pensiero gli frulla in testa all’improvviso, un pensiero assurdo e ripugnante. Prova a cacciarlo indietro, ma invece d’andargli indietro gli se ne presenta un altro che gli suggerisce: – Se va bene “svòrti” – .
Il giovane deciso corre a casa, mette in un sacco alla rinfusa attrezzi e arnesi che gli possono servire e corre al cimitero dirigendosi alla cappella dov’è deposta la vecchia signora. I mattoni sono ancora “freschi” e li rimuove con facilità. Difficile, invece, è sollevare il coperchio della cassa, ma il tempo non gli manca, a davanti a se la nottata. Con determinazione si mette all’opera e finalmente la cassa è aperta. La vecchia signora se ne sta lì col volto coperto da una veletta nera, e le mani, appoggiate sul seno, stringono un preziosissimo rosario, al collo ha un filo di perle e le dita sono adorne di anelli; specialmente quelle della mano sinistra. Questione di secondi e tutto finisce in un sacco. Solo gli anelli della mano sinistra, che sono i più belli, non riesce a sfilarli. Rimane un po’ indeciso se lasciarli o provare ancora. Poi, imprecando riprova, ma “quell’anelli ‘un volevan sortì”. Allora prende il coltello e in corrispondenza del polso taglia la mano e butta nel sacco anche quella. Quindi, “in un baleno” è a casa, dove rimpiatta tutto quanto.
Dopo qualche tempo, “calmate le acque” agitate dal fattaccio successo al camposanto, comunica a parenti e amici che gli è stato offerto un buon lavoro in città e li si trasferisce.
Oggi è un anno da quando il giovane garzone ha combinato quello che ha combinato; un anno esatto da quella notte. In città una casa da gioco è ancora illuminata, da cui esce un uomo elegantissimo. E’ il giovane garzone che ha appena festeggiato il suo primo anniversario di ricchezza ed ha fretta; a un’ora così tarda teme di non trovare più vetture. Invece, ecco che arriva una lussuosa carrozza nera, il giovane sale e fa un cenno all’ossequioso cocchiere e la vettura parte. Dopo un buon tratto di strada la carrozza rallenta e il giovane chiede spiegazioni al vetturino. Quello gli dice che un po’ più avanti, al lato dello stradone, c’è qualcuno con un lume in mano. È una signora avvolta in un ampio mantello nero col cappuccio rialzato e la veletta sul viso, che chiede gentilmente di essere riaccompagnata a casa. Il giovane acconsente e ripartono, ma dopo un po’ di minuti si rende conto che la direzione presa dalla vettura non è quella giusta e lui si sporge dal finestrino e chiede di nuovo spiegazioni al cocchiere, ma questo anziché rispondergli frusta il cavallo che ora corre come il vento. Poi, all’improvviso la vettura si ferma. La signora guarda fuori e dice di essere arrivata. Anche il giovane si rende conto di essere davanti al cimitero, “a quel cimitero”. La vecchia signora sta scendendo con un po’ di difficoltà e lui, benché sconvolto, le chiede la mano per poterla aiutare. Così lei tira fuori dal manicotto il moncherino e alzandosi la veletta gli dice: – Te ce l’hai la mia mano!Te la sei presa con i miei gioielli – . Il giovane rimane inchiodato dal terrore e non riesce a muoversi. Istintivamente si guarda intorno e cerca la carrozza che non c’è più. La vecchia signora ora nella mano destra stringe una falce, e con occhi rabbiosi continua: – Hai profanato la mia tomba e mi hai mutilato. Ora pagherai-. Detto questo alza l’arma e lo ferisce mortalmente.
F.M.V.