Abbiamo già detto di alcune usanze, ma ne ricordo altre. Per esempio gli usi della “cendere”; primo tra tutti il cosiddetto “cenderone” per il bucato. La cenere, è risaputo, è un ottimo detergente e sbiancante, e per il “cenderone” veniva messa in una balla aperta e adagiata sui panni preparati nelle conche, che poi bisognava riempire con acqua bollente per l’ammollo di almeno un giorno. Ma la cenere serviva anche in cucina, e proprio in cucina, fino ai primi anni cinquanta, ha durato l’usanza antica dell’utilizzo della “cendere per rigovernà’”. E precisamente fino a quando nelle cucine non venne introdotto l’acquaio. Le posate, specialmente quelle pesanti di ottone, si strusciavano con la cenere in un “truciolo” d’acqua in catini di coccio. Altro impiego della cenere era quello per i ceci. Il “cenderone” per il bucato e la “cenderata” sui ceci erano un po’ la stessa faccenda: si metteva la cenere in un asciughino, si stendeva sopra ai ceci e poi si versava l’acqua nel recipiente per l’ammollo. Al momento del risciacquo tutte “le gusce” venivano via più facilmente e i ceci cuocevano meglio. Ulteriore usanza è stata quella di sciacquare le bottiglie unte o quelle particolarmente macchiate con l’ erba “cimiciaia”, questa più era “fogliosa” più funzionava bene. Tutte pratiche assai preziose perché non costavano nulla.
F. M.V.