Antifascismo


PIAVOLA, UNA DISUMANA RAPPRESAGLIA

Piavola

Nel quadro della celebrazione del XXV Aprile, si è tenuta all’ex Frantoio Rossoni una lezione del Prof. Paolo Pezzino che ha presentato i materiali raccolti per l’Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste, un progetto finanziato dalla Germania nel quadro del cosiddetto “Fondo italo-tedesco per il futuro”. L’Atlante, promosso in collaborazione tra Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (INSMLI) e Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI), ha permesso di definire un quadro completo degli episodi di violenza contro i civili commessi dall’esercito tedesco e dai suoi alleati fascisti in Italia tra il 1943 e il 1945.

Della lezione del Prof. Pezzino pubblicheremo un estratto più avanti. Dal sito dell’Atlante (http://www.straginazifasciste.it/) si ricavano alcune, importanti notizie:

Nell’Elenco reparti responsabili viene individuato il reparto che ha eseguito la strage di Piavola, il 65. Infanterie-Division. Un tipo di reparto facente parte della Wehrmacht (forze armate tedesche comprendente l’Heer – esercito, la Kriegsmarine –  marina e la Luftwaffe – aeronautica). Il 65. Infanterie-Division è responsabile o corresponsabile di molteplici stragi:

 

  1. Rocca Corneta, Lizzano in Belvedere (mercoledì, 21 giugno 1944)
  2. Fanano (venerdì, 23 giugno 1944)
  3. Lizzano in Belvedere (martedì, 27 giugno 1944)
  4. VALPROMARO CAMAIORE (venerdì, 30 giugno 1944)
  5. MONTE A PESCIA (martedì, 18 luglio 1944)
  6. PIAVOLA BUTI (domenica, 23 luglio 1944)
  7. TERMINE VICOPISANO (martedì, 25 luglio 1944)
  8. STRIGLIANELLA MONTALE (venerdì, 4 agosto 1944)
  9. LA ROMAGNA SAN GIULIANO TERME (domenica, 6 agosto 1944 – lunedì, 7 agosto 1944)
  10. GERMINAIA DI PISTOIA (mercoledì, 9 agosto 1944)
  11. SAN PANTALEO PISTOIA (sabato, 12 agosto 1944)
  12. VELLANO PESCIA (giovedì, 17 agosto 1944)
  13. SAN QUIRICO IN VALLERIANA PESCIA (sabato, 19 agosto 1944)
  14. SAN PIERO IN CAMPO MONTECARLO (giovedì, 31 agosto 1944)
  15. PESCIA (mercoledì, 6 settembre 1944 – giovedì, 7 settembre 1944)
  16. CIMITERO VELLANO PESCIA (giovedì, 14 settembre 1944).

Inoltre, la ricerca mette in evidenza  che si è motivato il massacro come rappresaglia (azione punitiva caratterizzata da inumanità e da violenza indiscriminata posta in essere da una forza occupante ai danni della popolazione civile. La rappresaglia è vietata dal diritto internazionale).

L’Atlante indica, tra l’altro, la bibliografia essenziale da tenere come base per valutare quanto successo in Piavola:

AA.VV., La Resistenza nel comune di San Giuliano Terme: cinquantennale della Resistenza e della liberazione, Pacini, Pisa, 1994.

AA.VV., Testimonianze e documenti raccolti dagli studenti della Scuola Media, Amministrazione Provinciale di Buti, 1974.

AA.VV., Uomini in guerra, Scuola media F. Di Bartolo (a cura di), Buti, 1995.

Michele Battini, Paolo Pezzino, Guerra ai civili, Marsilio, Venezia, 1998, pp. 169-175.

Gianluca Fulvetti, Uccidere i civili. Le stragi naziste in Toscana (1943-1945), Carocci, Roma, 2009, pp. 167-168.

Così per quanto riguarda una nutrita serie di fonti archivistiche per la gran parte tratte dai verbali del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) sezione di Buti.

 


Il Tribunale Speciale

Un amico di Pisa ci ha inviato un vecchio articolo di Aldo Natoli che illustra l’istituzione e il funzionamento del Tribunale Speciale durante il periodo fascista.

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ISTITUZIONE DEL TRIBUNALE SPECIALE

Il Tribunale speciale fasci­sta fu istituito nel 1926, con la legge n.2008 [26 novem­bre], recante «Provvedimenti per la Difesa dello Sta­to». Esso reintroduceva la pena di morte per gli atten­tati contro la persona del Re e del capo del fascismo e puniva con sanzioni severissime ogni attività politica contraria al regime. Tutti i partiti politici erano già stati sciolti e messi fuori legge. Tale attività dunque, era bollata come «sovversiva». Altra specialità di quel tribunale consisteva nel fatto che il collegio giudican­te non era costituito da magistrati, ma da ufficiali della milizia fascista, i quali si esibivano in divisa e in camicia nera. Ciò non lasciava adito ad alcun dubbio sulla loro imparzialità. Per il modo stesso della sua origine e della sua costituzione, era un tribunale per il quale non valeva la norma generale che «la legge è uguale per tutti». Qui, all’origine, la legge doveva es­sere «disuguale». In sotanza, era una banda, più o meno gallonata, di ausiliari della polizia po­litica; fra di essi non mancarono gli squadri­sti e funzionò per quasi diciassette anni, dalla sua istituzione fino al 23 luglio 1943: l’ultima sentenza emanata por­ta questa data. Due giorni dopo, il 25 luglio, cadeva Mussolini. A que­sto punto «i giudici» si squagliarono, più tardi, dopo la liberazione, si mimetizzarono fra le pieghe della giovane e inesperta democrazia. Nessuno fu perseguito. Tutti poterono usufruire indisturbati di copiose pen­sioni. Infatti non poco avevano lavorato. Se si tiene conto che, già prima della istituzione del Tribunale speciale e fino al 25 luglio 1943, in ogni provincia funzionavano le Commissioni per l’invio al confino dei presunti «sovversivi», e che si è calcolato che coloro che furono deportati o nelle isole o in pic­coli comuni, soprattutto nel Mezzogiorno, dove erano sottoposti alla libertà vigilata, furono oltre 10.000, si può ritenere che le persone che la polizia politica con­siderò ostili al regime, pericolose per esso e, quindi, soggette a diverse misure di sicurezza e repressione, furono più di 16.000. Naturalmente, diversi erano anche i livelli di attività o di organiz­zazione di costoro. Fra essi la stragrande maggioranza era costituita do operaie contadini. Politicamente soverchiante [oltre 1’80 per cento] fu la partecipazione comunista.

LA FORMAZIONE DEI QUADRI ANTIFASCISTI IN CARCERE

Esiste ormai un’ampia documentazione, anche se non ancora sistematica ed esauriente, circa le condi­zioni del regime carcerario cui erano sottoposti i de­tenuti politici. Giova ricordare che il Regolamento degli istituti di prevenzione e di pena (1931) non fa parola dei «detenuti politici». Ufficialmente, per il regime fascista, questi «non esistevano». Nella realtà, in tutte le più importanti case penali vi erano «sezioni politiche». 1 detenuti politici erano ristretti in locali separati rispetto ai delinquenti comuni. Il trattamento cui i politici erano soggetti era mo­dellato su un regolamento cui ho già accennato e questo era francamente punitivo. Ma la situazione reale era diversa da carcere a carcere. Vi erano car­ceri notoriamente duri e carceri meno duri. Decisiva era la qualità del personale di custodia dal direttore all’ultimo secondino. Dove erano funzionarie graduati dichiaratamente fascisti, il regime diventava persecutorio. lo ho fatto l’esperienza del carcere di Civitavecchia, che era allora considerato il più duro, fra il 1940 e il 1943. Erano anni di guerra tristissimi , per paese e que­sta circostanza si ripercuoteva entro il carcere attraverso i funzionari e a­genti fascisti.- per costoro noi, con­dannati come antifascisti, special­mente se comunisti, eravamo il «ne­mico», contro il quale essi conduceva­no una loro guerra particolare. lo ho descritto, servendomi di un docu­mento indiscutibile, forse unico, del quale ero venuto in possesso molti anni fa in circostanze singolari, caratteristiche ed episodi di quella guerra. In carcere in quegli anni, la lotta antifascista continuava in forme assai aspre. Quella fu la scuola nella quale si formarono alcune migliaia di quadri che più tardi costituirono l’ossatura delle formazioni armate partigiane. Insieme a Vittorio Foa e Carlo Ginzburg, ho pubbli­cato il documento cui ho accennato qui sopra: è il Registro delle punizioni che venivano inflitte ai de­tenuti politici nella casa penale di Civitavecchia fra il 1941 e il 1943. Questo documento, se non ne esi­stessero altri, basterebbe a qualificare la sostanza repressiva e reazionaria del fascismo.

I NUMERI DEL TRIBUNALE SPECIALE

Dalla sua istituzione, primo febbraio 1927, al suo scioglimento, con la caduta del regime il 25 luglio 43, il tribunale speciale per la difesa dello stato processò 5.619 imputati condannandone 4.596. Gli anni totali di prigione inflitti furono 27.735 anni di carcere , 42 le condanne a morte, di cui 31 eseguite, 3 gli ergastoli, 4.497 processati erano uomini, 122 le donne, 697 i minorenni. Tra le categorie professionali, 3.898 imputati erano operai e artigiani, 546 i contadini, 221 liberi professionisti.

Aldo Natoli