Ritorno a quel tempo ormai così lontano, e i ricordi sono tanti. Avevo appena due anni e per undici ore al giorno, dalle otto della mattina alle sette della sera stavo lì. Alle sette quando chiudevano le segherie e veniva a prendermi “la mi’ mamma”.
All’asilo si stava insieme in una stanza e ci guardava solo Suor Maria Nazarena.
L’ambiente era tutto colorato di celeste-cielo. E laccati di questo colore, erano i banchini, le seggioline, l’attaccapanni, la cattedra, la vetrina. La vetrina che era lì di fianco, appena si entrava: alta, stretta stretta, con tantissimi ripiani per mostrare i nostri semplicissimi lavori. Due-tre volte la settimana si usciva nell’orto, dove il divertimento era di rincorrerci e di dondolarci su di una grande altalena. In più a questo, per noi bimbe, c’erano i girotondi della “Madama Pollaiola” e della “Madama Dorè”, o i “battimani” che si facevano a coppie e “si scambiavano” seduti sui muretti. Quelli che dicevano:
” Allo scambio del gio’
giocheremo a sassi ‘n dò … “
Eppoi c’era la “stanga bilanga”: di quando in quando la suora prendeva una bacchettina e ci faceva sulle gambe il gioco per trattenerci un po’ di più seduti. Cosa non mancava mai erano i dispettini e con i dispettini “gli spioncini”. Il momento della spiata garbava di più:
” Spio spione portabandiera
tutte le spie vanno in galera! “
L’ultimo anno si entrava, da “grandi”, nel piazzale delle scuole per imparare il gioco delle “quattro cantonate”. Era tutto un “corri-corri”; per fortuna dava una mano alla suora anche la Prova, la bidella tuttofare che sgambettava per giornate intere tra asilo e scuola elementare.
Un altro paio di uscite si ripetevano nel corso dell’anno: a Natale, in chiesa, per vedere il presepe con i bellissimi e grandissimi personaggi, e per carnevale fino in piazza, dalla Rosa, per i coriandoli. La suora ne comprava un solo sacchettino e poi ce ne dava “una menatina” per uno. Infine un ricordo vivo è quello del 19 Marzo, il giorno di San Giuseppe, quando, nel pomeriggio, si aspettava in gloria che arrivassero le quattro e “San Giuseppe frittellaio” ci portasse le frittelle. E le frittelle arrivavano puntualmente quando appariva la Prova con due piatti ricolmi. Subito noi si partiva all’assalto, ma lei, “schiantando da ride’”, le portava di corsa alla cattedra. La suora era lì pronta a richiamarci all’ordine battendo la bacchetta e facendoci mettere in fila e poi ne dava una ciascuno. Le frittelle erano, o ci sembravano, squisite.
F.M.V.