Corrado Vichi


Le persone più attempate ricordano come Corrado Vichi si rivolgeva ai fascisti paesani: “Non mi toccate la bicicletta che poi sono costretto a disinfettarla”. Episodi come questi diventarono proverbiali attirando sul nostro nubi minacciose accompagnate da bastonature e olio di ricino. Per evitare conseguenze più gravi, Corrado fu costretto ad emigrare in Francia dove lavorò come cameriere per quindici anni.

Al rientro  a Buti fu il primo segretario della Sezione del Partito Comunista. Ad attestare l’autorevolezza conquistata per il suo passato di coerente antifascista, si ricorda un episodio in occasione del rapporto Kruscev al XX congresso del PCUS , che segna l’inizio di un processo comunemente definito “destalinizzazione”, in virtù del quale vi fu la definitiva caduta del regime totalitario e una parziale liberalizzazione della vita politica e culturale dell’URSS. Il PCI incontrò forti resistenze a far passare alla base le nuove posizioni. La Federazione di Pisa inviò a Buti un giovane funzionario, Anselmo Pucci (dirigente contadino molto stimato anche qui in paese), a dettare la linea. Sfortunatamente per lui dovette confrontarsi con Corrado Vichi che lo apostrofò così: “O bimbo, digli al Paolicchi (il segretario della Federazione di allora) che venga lui a spiegarmelo cosa è stato il compagno Stalin”. E al Pucci, che stimava incondizionatamente il Vichi per quel passato cui si faceva cenno sopra, toccò tornarsene a Pisa con la coda tra le gambe. Così il Pucci raccontò l’episodio  alla Patrizia Dini, che gli fu collaboratrice per tanti anni alla Regione.

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